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Diritto equestre: approfondiamo il problema del furto del cavallo

Diritto equestre: approfondiamo il problema del furto del cavallo 1
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Negli articoli in precedenza trattati nella rubrica “Diritto Equestre” di Equestrian Insights abbiamo avuto modo di spiegare che il cavallo, quale animale d’affezione, debba essere ricompreso nella categoria dei beni mobili di cui all’art 812 c.c. Può capitare (ahinoi!) che il cavallo venga sottratto al legittimo proprietario o detentore. In questa sede, tenteremo di tratteggiare quelle che sono le caratteristiche essenziali del reato di furto e, in particolare, del furto dei cavalli oltre che gli adempimenti necessari per informare le autorità preposte.

Cos’è il furto?

L’ordinamento italiano definisce il furto all’art 624 c.p.

Il furto è la condotta posta in essere da chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri.

Il primo elemento è l’impossessamento della cosa mobile altrui a chi la detiene: deve intendersi, più semplicemente, la sottrazione di una cosa mobile senza il consenso del legittimo proprietario o del detentore. È sufficiente la sottrazione del bene altrui per integrare il reato di furto? No! È necessario anche il dissenso del proprietario o detentore.

Il requisito del dissenso del cosiddetto soggetto passivo, o meglio del proprietario /detentore ovviamente, funge da elemento di qualificazione dell’antigiuridicità dell’azione: un eventuale consenso dell’avente diritto, infatti, eliminerebbe del tutto il disvalore penale della condotta ed impedirebbe la configurabilità del reato.

Quanto all’elemento psicologico, invece, il modello normativo esige che l’agente sia mosso dal fine di trarre profitto — per sé o per altri — dall’impossessamento della cosa (cd. dolo specifico).

Cosa si intende per profitto?

Il termine profitto deve essere inteso in senso ampio, fino a ricomprendere l’utilità della più variegata tipologia ad esempio di natura estetica o morale. Sono ricomprese nella nozione di profitto anche quelle condotte di impossessamento che vengano poste in essere con una finalità perfino ritorsiva, vendicativa, o di semplice ripicca.

Non integra, invece, il reato di furto l’impossessamento che venga perpetrato per un fine di scherzo o divertimento.

Il Cavallo è meritevole di tutela giuridica?

La domanda non sembri scontata poiché, come spesso accade nel mondo del diritto, la risposta è stata frutto di un’importante evoluzione. La giurisprudenza considera come “cose” anche gli esseri viventi suscettibili di utilizzazione da parte dell’uomo: non solo i vegetali, ma anche gli animali. Non tutti gli animali, però, assumono per l’uomo lo stesso significato ed hanno lo stesso rilievo.

Gli animali selvatici, infatti, ricevono protezione attraverso la legislazione che regolamenta la caccia e individua le specie “protette”.

Gli animali addomesticati dall’uomo, invece, sono tradizionalmente distinti in:

  • animali “da reddito”, utilizzati per il lavoro o per la produzione (carni, latte, uova, lana, pelli, etc.) e
  • animali “da compagnia” o “d’affezione“, per tali intendendosi “ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall’uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari” in base a quanto disposto dal D.P.C.M. 28 febbraio 2003, art. 1.

Il crescente ruolo che negli ultimi decenni hanno assunto gli animali da compagnia nella società contemporanea ha indotto uno speciale rafforzamento della loro tutela giuridica grazie alla la L. 14 agosto 1991, n. 281 la c.d. “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo” e con la Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, stipulata a Strasburgo il 13 novembre 1987 e ratificata in Italia con la L. 4 novembre 2010, n. 201.

L’animale, però, non potendo essere soggetto di diritti ed obblighi, è solo il beneficiario della tutela apprestata dal diritto e non il titolare di un diritto alla tutela giuridica.

Da qui la conclusione secondo la quale, alla stregua del disposto dell’art. 810 c.c. che definisce i beni come “le cose che possono formare oggetto di diritti“, gli animali, anche quelli d’affezione o da compagnia, devono essere considerati come “cose mobili”, beni giuridici che possono costituire “oggetto” di diritti reali ovvero di rapporti negoziali e dunque meritevoli di tutela.

Cosa fare nel caso di furto del cavallo?

La prima cosa da fare è ovviamente recarsi immediatamente presso la caserma dei Carabinieri o presidio di pubblica sicurezza più vicini al fine di denunciare il fatto. È opportuno essere il più precisi possibile nel ricostruire i fatti di cui si è a conoscenza: un dettaglio che può sembrare insignificante per gli inquirenti può essere un elemento determinante.

È bene corredare la denuncia con una foto del cavallo e fornire anche copia del libretto segnaletico così da identificarlo anche tramite microchip; inoltre è utile fornire delle fotografie di tracce, impronte di pneumatici o, ancora meglio, dei filmati se l’area è video sorvegliata.

Nel decreto del Ministero della Salute del 30 settembre 2021, relativo alla “Gestione e funzionamento dell’anagrafe degli equidi” all’art. 5 viene previsto che il proprietario in caso di furto o lo smarrimento del cavallo deve denunciarlo alle forze dell’ordine e deve comunicarlo alla ASL entro quarantotto ore dalla scoperta dell’evento, unendo alla comunicazione copia della denuncia. Nel caso di equini registrati, la comunicazione è fatta anche all’organismo di rilascio competente sull’equino.

Il processo penale e la richiesta di risarcimento del danno.

La denuncia e la querela sono condizione necessarie per attivare il meccanismo giudiziario finalizzato ad individuare i responsabili del furto e chiederne la condanna al risarcimento del danno.

Dopo che si sporge la querela è possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti per il furto del cavallo?

Si! Si possono chiedere i danni sia avviando un’autonoma azione giudiziaria in sede civile oppure nell’ambito del processo penale. L’azione di risarcimento del danno può essere esercitata nel processo penale con la costituzione di parte civile da parte del soggetto danneggiato dal reato ai sensi dell’art. 74 e seguenti del codice di procedura penale. È necessario rivolgersi ad un avvocato per la predisposizione del relativo atto e dell’assistenza durante tutto il processo.

IL CASO

Tizio nel 2019 subiva il furto di 3 stalloni PSI dalla sua scuderia per un valore complessivo di € 25.000,00.

Nell’immediatezza del fatto si rivolgeva al mio studio chiedendo assistenza legale. Abbiamo tempestivamente sporto una querela, precisa e dettagliata, corredata di alcune fotografie che ritraevano lo stato dei luoghi. Il Pubblico Ministero ha avviato le indagini che hanno portato all’individuazione di due presunti autori del reato e all’imputazione per furto nei loro confronti. Il proprietario, per il tramite del sottoscritto, si è costituito parte civile nel relativo processo chiedendo il risarcimento del danno.

Gli imputati venivano condannati alla pena di mesi 8 di reclusione e al pagamento della multa di € 5.000 ciascuno oltre al pagamento delle spese processuali al proprietario del cavallo.

La prova regina del processo è stata l’impronta dei pneumatici del van con cui erano stati rubati i cavalli. Gli inquirenti, nel corso delle indagini, hanno individuato il collegamento diretto del mezzo con i due imputati. A fornire lo spunto investigativo sono state proprio le foto prodotte dal proprietario dei cavalli ai carabinieri, allegate alla querela. I 3 stalloni sono stati ritrovati e restituiti al legittimo proprietario.

Va da sé come una tempestiva assistenza legale, in alcuni casi, può essere fondamentale. A menzus biere!

(02 novembre 2023) © Avv. Giulio Muceli – riproduzione riservata; foto: via facebook

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Redazione EQIN
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