Urge una somministrazione ragionata dei vermifughi: c’è rischio farmacoresistenza

07 settembre 2019 #focus
Gli endoparassiti possono essere definiti come (spesso indesiderabili) coinquilini del “corpo-cavallo”. Ogni equide, da un punto di vista medico, è descrivibile anche come un animale gastropatico ( = soggetto a patologie dello stomaco) ed enteropatico ( = soggetto a patologie dell’intestino): la sua salute non può proprio prescindere dal controllo dei principali colonizzatori dei suoi organi interni, ossia dei vermi / parassiti intestinali (gli elminti).
Infatti, le infestazioni – ossia il mancato e ponderato controllo – da vermi espongono i cavalli a grandissimi rischi per la loro salute: i segni clinici variano a seconda del grado di infestazione e dal tipo di parassita (confronta in seguito nell’articolo). Sebbene sia ormai prassi nota e consolidata la somministrazione dei vermifughi (antielmintici) su base ciclica regolare nella maggior parte delle scuderie (e/o da parte dei proprietari), va tuttavia precisato che, per quanto costante e regolare, questa non può essere affidata al caso. Prima di tutto, questa pratica dovrà fare riferimento alla stagionalità di presenza di certi parassiti piuttosto che altri, di modo da individuare il principio attivo specifico contenuto nel farmaco da somministrare ai cavalli. Secondariamente, la pratica di “sverminare, a prescindere” non incontra più il sostegno di molti veterinari, soprattutto a fronte del notevole aumento di casi di soggetti farmaco-resistenti (che approfondiremo a breve).
Pertanto, lo step fondamentale sarebbe identificare i cavalli che devono essere trattati, e quindi procedere poi con lo stabilire con quale farmaco/principio attivo combattere l’infestazione. Per farlo, è necessario chiedere al proprio veterinario di effettuare una FEC (conta delle uova fecali), tramite prelievo delle feci ed interpretazione dei risultati. Tutti i cavalli dovrebbero essere testati, ma talvolta può essere anche preso a campione un gruppo se rappresentativo (quando ad es. tutti i cavalli residenti da diverso tempo in una scuderia sono stati/vengono sverminati insieme). Il risultato della FEC dirà quindi quanti sono i parassiti presenti, e la tipizzazione delle larve può indicare anche la specie, e dunque il vermifugo specifico da utilizzare. Tutti i cavalli che dalla FEC risultano con presenze superiori a 200 uova per grammo di feci dovrebbero essere trattati. Il che significa, last but not least, che non tutti i cavalli potrebbero dover esser trattati per un certo periodo, con un conseguente effettivo risparmio sul farmaco.
Riepilogando: i trattamenti a periodi prefissati o la rotazione dei farmaci utilizzati a seconda della stagione non sono più così appropriati; lo sono invece i trattamenti selettivi, da effettuarsi a seconda di diversi parametri – ma soprattutto solo se necessario, proprio per non indurre fenomeni di resistenza al farmaco, che mettono in pericolo sia l’efficacia futura dei vermifughi, sia la salute dei cavalli.
Subentrano infatti seri problemi quando 1) la somministrazione non viene compiuta affatto, 2) quando non vi è una necessaria attenzione al principio attivo contenuto nello svermante, 3) soprattutto quando ci si imbatte in quella che oggi è riconosciuta ed indicata come antielmintico-resistenza, ossia quando i parassiti diventano resistenti ai trattamenti con vermifughi, quest’ultimi cessando del tutto – o quasi – la loro funzione. Per intenderci: se nel caso 1 e 2 troveremo le armi con cui combattere le infestazioni, nel caso 3 le nostre armi contro i parassiti risulteranno totalmente inefficaci. In altre parole, può capitare di trovarsi a fronteggiare infestazioni di vermi nonostante si siano in precedenza trattati gli equidi con gli svermanti: alcuni parassiti possono “imparare a resistere” (e continuare a proliferare indenni, sorta di superworms) agli effetti delle sostanze chimiche su cui da tempo facciamo affidamento per proteggere i cavalli. Il problema si sta diffondendo, “non è più solo una minaccia, è una realtà” (cit. Dr. Giuseppe Mazzeo).
Il trattamento di tutti i cavalli presenti in un sito, con intervalli frequenti, senza conoscenza dello status parassitario degli animali («blanket treatments») è la causa principale della comparsa e dell’espansione della resistenza agli antiparassitari da parte dei vermi che infestano il cavallo. La farmacoresistenza è cosmopolita ed è in continua espansione. E’ infatti chiaro che, se i vermifughi arrivano a non servire / funzionare più, non restano molte altre chance per combatterli, con tutte le conseguenze del caso per la salute dei cavalli, a volte anche letali: siamo quindi di fronte ad una seria e concreta minaccia per la salute degli equidi, contro la quale rischiamo di non avere (più) armi, ossia farmaci efficaci.
Ecco quindi 10 principi per una gestione ragionata dei parassiti dei cavalli:
1) non sverminare sistematicamente i cavalli adulti ma solo dopo il prelievo / indagine FEC (conta delle uova fecali) eseguita dal proprio veterinario (1, 2 volte l’anno, su indicazione del professionista), che in base ai risultati indirizzerà verso l’utilizzo (o non) di tale o talaltro vermifugo.
2) Il 20% dei cavalli adulti ospita l’80% dei parassiti. Il 20% dei cavalli adulti sono “forti escretori” e sono responsabili dell’80% della contaminazione ambientale: questi cavalli devono essere identificati e trattati secondo un programma molto rigoroso.
3) I principi dello sverminare variano a seconda dell’età dei cavalli: per quanto riguarda il parassitismo, si deve considerare che esistono 3 classi di età dei cavalli: puledri, cavalli giovani (<3 anni) e adulti. In maniera ottimale, queste 3 classi avranno un programma di deworming diverso, dato il progressivo darsi della loro immunità. In particolare, puledri e cavalli giovani verranno sistematicamente sverminati, a differenza dei cavalli adulti, che dovrebbero venir trattati in base ai risultati delle indagini coproscopiche (FEC).
4) È meglio aspettare fino a primavera per iniziare il programma di indagine per la sverminazione (FEC) e non trattare con vermifughi in pieno inverno, quando nell’ambiente c’è poca diffusione delle uova dei parassiti e quindi i cavalli stessi non reinfestano molto. È preferibile un trattamento nel tardo autunno; in primavera, è auspicabile fare il test e stabilire con il proprio veterinario il programma di trattamento antiparassitario per i mesi a venire.
5) Le fattrici non hanno bisogno di trattamenti specifici, possono essere trattate con le stesse regole degli altri cavalli adulti.
6) I puledri non devono essere trattati prima dei 2 mesi e 4 trattamenti sono generalmente sufficienti per il loro primo anno. Trattare a 2, 4 e 6 mesi, prima dell’ingresso invernale.
7) È necessario adattare la dose di vermifugo al peso di ciascun cavallo. La dose del farmaco deve essere proporzionata al peso di ciascun cavallo per ottenere la massima efficacia del vermifugo, ma al tempo stesso per limitare anche la comparsa di resistenza: eccedere non è mai un bene.
8) Un cavallo sano è in equilibrio con i suoi parassiti: rimuovere tutti i parassiti è pressoché impossibile (ricordiamo che, come per l’uomo, ci sono anche microorganismi utili all’intestino: ogni trattamento chimico limita e distrugge anch’essi). Trattamenti troppo aggressivi favoriscono l’emergere di casi di resistenza ai vermifughi stessi.
9) Un vermifugo è un farmaco veterinario: il vermifugo può essere tossico se utilizzato in modo improprio, quindi deve essere prescritto dal veterinario che abitualmente tratta il cavallo.
10) Non utilizzare vermifughi con ivermectina e moxidectina più di due volte all’anno: i parassiti si adattano al loro modo di agire e diventano resistenti ad esso: è pertanto necessario preservare queste molecole ancora efficaci soprattutto sui pericolosissimi Grandi Strongili (confronta quanto segue).
Delle tante dozzine di endoparassiti che possono contagiare i cavalli, va premesso che solo alcune specie sono in grado di causare gravi danni. Ai primi quattro (in rosso) dell’elenco che segue sono associate le maggiori minacce per la salute degli equidi; gli altri che seguono sono, in ordine alfabetico:
Grandi Strongili (Strongylus spp.): chiamati anche vermi sanguigni, i grandi strongili sono i parassiti intestinali potenzialmente più pericolosi per i cavalli; migrano come larve attraverso le arteriole addominali, causando danni che possono portare alla rottura o ai blocchi della circolazione. Alcune specie danneggiano il fegato e altri organi interni. Gli effetti vanno dalla perdita di peso, passando per l’anemia per arrivare alle coliche fatali, derivanti dall’infiammazione dei vasi sanguigni e dalla formazione di trombi. La trasmissione avviene sia al pascolo, sia in scuderia.
Piccoli strongili (Cyathostomes): si insinuano nella parete intestinale come larve e incisti. I segni di infezione includono perdita di peso e incapacità di prosperare. Infestano cavalli di tutte le età, ma negli animali più giovani causano una maggiore escrezione di uova. Anche nel loro caso, la trasmissione si dà sia al pascolo, sia in scuderia. Un gran numero di piccoli strongili possono causare diarrea e perdita di peso; sebbene raramente, possono condurre alla morte.
Ascaridi (Parascaris equorum): sono vermi intestinali che si trovano tipicamente nei puledri, nei quali i sintomi sono più severi, in particolare sotto i 6 mesi di età. Le ascaridi possono causare perdita di peso, diarrea e/o coliche. I sintomi clinici sono vari: tosse, secrezione nasale, letargia, inappetenza, irritabilità, pelo ruvido, diminuzione dell’accrescimento. L’infestazione può causare ostruzioni intestinali potenzialmente fatali, perforazioni
intestinali e coliche. L’infestazione talvolta è apparentemente asintomatica. L’immunità si sviluppa con la maturità (dopo 1 anno di età).
Tenie (cestodes / Anoplocephala spp.): possono a loro volta causare coliche e contribuire al blocco intestinale (impaccamento ileale, intuscepto ileocecale). Tre specie di tenia colpiscono i cavalli; le loro larve maturano nel tratto intestinale equino entro 4-6 settimane dopo che le uova sono state ingerite e quindi hanno versato segmenti nelle deiezioni. La trasmissione avviene al pascolo con l’ingestione di acari a vita libera (oribatidi) contenenti la forma larvale del parassita.
Gasterofili (Gasterophilus spp): Depongono piccole uova gialle di solito su arti, criniera e fianchi del cavallo. Le larve raggiungo la bocca spontaneamente o trasportate dalla lingua attraverso il leccamento, quindi si attaccano alla parete dello stomaco, dove si sviluppano in larve che trascorrono 8-10 mesi all’interno del cavallo, per poi essere espulse con le feci e quindi impuparsi nel terreno. Nella mucosa della bocca possono causare stomatiti, infezioni alla mucosa orale e (sebbene raramente) ulcere sulla lingua. Nell’apparato gastrico sono comuni le reazioni infiammatorie e ulcere imbutiformi.
Vermi oculari (Thelazia lacrymalis): vivono nei dotti lacrimali. Sono anche chiamati “bulbi oculari”. L’eccesso di lacrimazione può essere l’unico segno della loro presenza, ma anche la sensibilità alla luce o la congiuntivite possono essere infezioni a loro correlate.
Onchocerca (Onchocerca spp.) Sono piccoli vermi sottili trasmessi da moscerini mordaci. Vivono nelle pieghe del collo e nei tessuti della pelle degli equidi, causando una reazione immunitaria esasperante in alcuni soggetti. Le larve possono anche invadere l’occhio.
Dictyocaulus arnfieldi : sono più comuni negli asini e nei muli, ma i cavalli che vivono con loro possono essere parimenti infettati. Le larve migrano attraverso la parete intestinale e nei polmoni, dove diventano adulti che depongono le uova. La tosse cronica può essere un segno di infezione.
Ossiudiri (Oxyuris equi): danneggiano la parete intestinale parassitando il colon (cieco e retto) durante il loro stadio larvale, e all’apice dell’infezione il sintomo più evidente è di solito il prurito della coda, indotto dalla femmina che depone le uova nell’area anale. Man mano che i cavalli crescono, sembrano sviluppare immunità agli ossiuridi.
Habronema muscae, : trasmessi dalle mosche, sono responsabili delle lesioni/ferite estive, quando sono presenti le mosche che fungono da vettore per questi parassiti. Le larve risiedono in piaghe aperte, causando infiammazione e ferite o lesioni croniche.
Westeri (Strongyloides westeri): della famiglia Strongili sono i più innocui; sono di solito i primi parassiti a infettare i puledri (asintomatico il contagio negli adulti). Possono causare diarrea; l’immunità di solito si sviluppa prima dello svezzamento dei giovani.
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